domenica 28 marzo 2010

LE MILLE FACCE DELLA MORTE recensione


“Anonimo come Fregoli. Normale, come Fregoli. Un altro artista, insomma, che aveva promosso a genio la qualità di essere nessuno”.
Haute couture. Questo nuovo libro di Enrico Gregori è un abito su misura, confezionato in sartoria da mani esperte, che tagliano per dare forma e cuciono punti invisibili onorando la stoffa a lunga vita. E’ un abito maschile da Uomo, per cerimoniare Le mille facce della morte a Roma, che specularmente si legge Amor. Le mille morti dell’amore e dei sensi, la vista, l’olfatto, l’udito, il gusto e il tatto, infettati dalle cause di ogni disastro, di ogni dolore, di ogni pena: la Pace che si fa con i cannoni.
Siamo nel 1920, il terribile conflitto che “ ha visto in campo sessantacinque milioni di soldati è ormai alle spalle…chi ha vinto e chi ha perso annaspa nella medesima spirale di congiuntura” uno stato di prostrazione che impedisce di compiere azioni determinate e determinanti, tranne i folli: Bilong, l’orco bruto e il ”mito insuperabile”. Matti che escono improvvisi dal mazzo, come la vita, provocando quella “mutazione massiccia che combina tutto radicalmente e per sempre”. Loro, sono le pagine aperte e chiuse del libro; gli altri, realmente esistiti oppure no, il prefetto Vincenzo Frani, l’ambasciatore George Buchanan, il marchese Patrizi, Cornelius Clannad e lo stesso investigatore Gornick, sono figure di contorno, funzionari del rito.
La follia dell’orco si nutre di annientamento. Tesi da distruggere con una fisiognomonia cruenta.
L’altra, di assenza. Esercizio, esperienza oltre il limite dei sensi.
Una scrittura “empatica” sobria e sicura che evoca luoghi di una Roma Sparita, la stazione Termini “deserta: niente servizi, niente inservienti”; il Sammalo di Castel Sant’Angelo “pozzetti nei quali il condannato veniva calato dall’alto, senza speranza di rivedere mai la luce”…il più temuto e lugubre degli sfiatatoi. Tuum est. Ponte Sisto, la chiesa di Sant’ Alessio, via della Lungara, Campo de’ Fiori. Il gioco popolare (di vino e di coltelli) del sor Sordi che brinda alla nascita del figlio Alberto; il mercato di frutta e pesce, il bordello, la fumeria, le nuove professioni della macchina fotografica. Girolimoni.
Jeffrey Gornick, baronetto per grazia del re, in questo mondo non suo non indaga, ma si presta con intuito ed esperienza a risolvere il caso. “Allora mi son detto che, se vogliamo tentare di non amalgamare questa nostra indagine ad altre simili, dobbiamo sforzarci di vedere quali sono, se ci sono ovviamente, degli elementi che la rendono unica”.
Roma, che specularmente si legge Amor!


LE MILLE FACCE DELLA MORTE
Enrico Gregori, ed. Historica (2010)
recensione di Miriam Ravasio

martedì 2 marzo 2010

IPAZIA vita e sogni di una scienziata del IV secolo, recensione


IPAZIA, VITA E SOGNI DI UNA SCIENZIATA DEL IV SECOLO
Adriano Petta e Antonino Colavito
ed. La Lepre

Quando la poesia non è compresa, quel che resta è il delirio che il potere cura con ogni mezzo.
“Ipazia non è una donna eccezionale: è qualche altra cosa…appartiene ad un’altra dimensione, a uno di quei mondi infiniti di cui parla Democrito…Ipazia è un piccolo Sole” mai spento. Per migliaia d’anni, pur nell’oscurità dei tempi, le sue ricerche sulla Luce hanno continuato a risplendere nella mente degli uomini di ingegno, scienziati, matematici,filosofi; una staffetta di piccoli Lumi per riportare la ricerca nella giusta direzione, l’origine della Luce e (di conseguenza) dei colori . Goethe codificò quel lavoro millenario in un trattato; perché l’uomo impiegò così tanto tempo a scoprire l’origine della Luce e (conseguentemente) la natura dei colori? Perché dalla distruzione di Ipazia tutto si arrestò; le intuizioni furono proibite, le biblioteche distrutte, i roghi furono accesi e lei, piccola e fragile testimone dell’antico sapere di Archimede, Aristarco, Euclide e Tolomeo, fu fatta a pezzi, nella pubblica piazza, dai monaci parabolani.
Astronoma, matematica, filosofa, antesignana della scienza sperimentale, studiò e realizzò l’astrolabio, l’idroscopio e l’aerometro. Figlia di Teone, fu testimone ed erede della Scuola Alessandrina, visse nel periodo storico di Ambrogio, Teodosio, Crisostomo, Agostino e Cirillo; protagonista, alla pari, degli eventi che segnarono, per i secoli futuri la storia del mondo: fine del paganesimo, trionfo del cristianesimo e ascesa al potere della Chiesa Cattolica.
Il libro, che vanta una prefazione di Margherita Hack, racconta la sua storia; Adriano Petta ricostruisce fedelmente fatti, dialoghi e carteggi; Antonino Colavito trasfigura in lirica pensieri , sentimenti, riflessioni e l’assoluto amore per la scienza della giovane martire. Azioni d’arte, di storia e di poesia sulla caparbia generosità della Ricerca, che la figura di Ipazia universalmente esprime; l’intuizione e l’idea contrapposte alla “corrente” visione delle cose, del mondo. Guerre perse, nel relativo presente, vittoriose poi nella contemporaneità dei posteri.
“Che cos’è il pensare? Il pensare è la molteplicità delle sensazioni in un rapporto continuo con l’universo soggetto ai nostri sensi” e in un raggio di Luce è nascosta la creazione, il Mistero della vita. “Se questo segreto lo metti a disposizione della gente, apparterrà a tutti (…) voi scienziati siete creature ingenue…ma pericolose”.
Il patto siglato fra l’Impero Romano ormai morente e i padri della Chiesa prevedeva e pretendeva la distruzione del vecchio, l’antico sapere ellenico; tradizione, scienza, filosofia, arte. Lingue di fuoco per un nuovo mondo. In vent’anni o poco più tutto è fatto, resettato, tranne ad Alessandria d’Egitto. Ipazia è avvertita :sei giovane, sei donna, sei empia!
“Uno stormo di corvi abbandona il tiglio dinanzi a noi, e vola verso il Cesareo: una volta oltrepassato il Teatro, assume la forma di un serpente”.
L’otto marzo del 415 d.c. fu “uccisa” nella pubblica piazza.
Miriam Ravasio