domenica 2 ottobre 2011

CREATURA CELESTE opere di miriam ravasio commentate da ADRIANO PETTA

La Dèa Efesina è avvolta in una tunica celeste, un azzurro forte e puro come il cielo che si confonde con il mare: il corpo con le tante mammelle si staglia sulla sabbia, ma dalle spalle in su si confonde col mare… quel mare dove è nata la vita…
E lì, quasi alle sue spalle, un uomo che offre il corpo nudo al sole, poggiato pigramente sulla sabbia. La Dèa Efesina ha percepito la sua presenza: pare essersi bloccata, non sa cosa fare…Fino a qualche millennio fa lei non si avvicinava quasi mai al mare, preferiva i boschi dove giustiziava quegli uomini che cacciavano femmine di animali incinte o cuccioli, e quando lanciava le sue frecce e trapassava il collo o il cuore di quegli uomini, non provava dolore, perché lei proteggeva la natura…ed era felice nel vedere tanta gente che veniva da tutte le parti del mondo a venerarla nel Tempio di Efeso, la più bella delle sette meraviglie!
Mentre quest’uomo non è stupito né spaventato dalla forza terrificante che lei ha sempre sprigionato! Lei conosce il pensiero degli antichi, e sa che il suo aspetto è disumano…ma sa, anche, che la venerano perché rappresenta la forza della creazione.
Qualcosa di grave dev’essere accaduto da quando il tempo ha inghiottito il suo tempio a Efeso…mai era successo che lei desiderasse un uomo, come stava accadendo in questa torrida giornata di sole, nelle profondità di quest’atmosfera luccicante di colori, forse lui non riusciva nemmeno a distinguerla perché la sua tunica di dèa era esattamente uguale al colore del mare…
E allora Artemide Efesina trasforma il suo aspetto assumendo il colore dell’oro, e tutte le sue cento mammelle brillano al sole, ed anche la sabbia diventa dorata: ora lui non potrà non notare il suo aspetto giallo di fuoco, e non desiderarla…
Che le stava accadendo? Non era più la stessa… Per millenni nei confronti degli uomini aveva nutrito solo amicizia, li aveva visti come fratelli…mentre pensava a difendere le altre donne, da qualunque pericolo.
Questo splendido Achille del terzo millennio, senza armi né indumenti, si alza in piedi, pare non accorgersi di lei, le volge le spalle, si immerge nel mare lasciandola sola…e lei mani inutilmente protese, avverte un dolore al cuore: non era mai accaduto nella storia dei tempi che un umano avesse abbandonato una dèa…era orribile quel distacco…
Nel mondo spietato in cui le pennellate di Miriam Ravasio hanno scavato solchi d’acciaio guidati da un’imperforabile freddezza delle iridi, non ci sono più boschi né alberi, ma solo mari e deserti roventi…