sabato 17 ottobre 2009

C'E' QUALCOSA DI ANTICO IN OGNI ESSERE UMANO



( L'Omone narratore. Scultura di spessore minimo in carta, colla, resina e colori acrilici)


“ Anime, piante, e foglie secche…”

C’è qualcosa di antico in ogni essere umano. Che viene da lontano, chissà dove. Le cui origini sono stesse a noi sconosciute.
Nulla di materiale.
E’ uno scirocco, un vento, un anelito sottile e caldo.
Ogni occhio ha i suoi simboli affezionati; ogni cuore i suoi battiti. Ogni sentimento il suo calore.
Ma la natura distorta di alcuni vuole imporre i suoi : freddi, aggressivi, imponenti.
Violentando così l’etereo e il mistico ch’è in ogni uomo.
Io non mi farò violentare. Non mi piegherò a questo sopruso, a questo furto.
L’anima ha radici antiche che guardano lontano.
Io ne sono ignara, come voi. Ma la sento.
E sento che siamo piante in balìa del vento.
No, non un scirocco; non illudetevi…
I vostri non sono simboli, ma “totem” deviati. La vostra non è mistica, ma dogmatica religione.
La vostra non è anima, ma paura di conoscervi.
C’è qualcosa di antico in ogni essere umano, che viene da lontano e guarda oltre.
Io sono qui; nelle mie radici. In balìa del vostro vento.
Ma non cedo.
Rido, penso, qualche volta piango.
Ma il vostro non è movimento.
E vi aspetto lì, alla fine della vostra “corsa”: vuota, isterica, affannosa; che vi tiene vanamente aggrappati a una ringhiera.
Crederete di esser caduti. Stramazzati in nome della vostra bontà : l’ “ingenua buona fede”.

L’anima ha radici antiche che guardano lontano.
Ogni occhio ha i suoi simboli affezionati; ogni cuore i suoi battiti. Ogni sentimento il suo calore.

Piangi fratello, piangi, che ti fa bene…
C’è sempre una mia spalla, ad accogliere i tuoi coltelli affilati.

Gianni Parlato

giovedì 1 ottobre 2009

CENTO PER CENTO, recensione al libro di Sacha Naspini


"Io sono il più grande. L’ho detto prima di sapere di esserlo". Cassius Clay, un mito.
Dino Carrisi invece è un cuore sul muro, un “cento per cento”; perché nella vita grama degli ultimi delle fasce ultime “il trucco era questo: sostituire il buco della fame con un male più grosso […] e a volte viene giù anche un pezzo di calcina”.
La storia ha il ritmo di un incontro da campionato e i colpi sono tutti per il lettore. Decisi, inaspettati fin dalle prime righe: “Mi avevate detto che non avreste portato donne in casa mia”.
Un pugile che sia un pugile vede la vita come un ring e l’intervista che Carrisi concede al giovane e ambizioso giornalista, conta più di un mondiale, attenzione e concentrazione sono al massimo!
Virtuoso e istrionico come Cassius Clay “il più grande” è l’autore, Sacha Naspini, che saltellando agile calibra il tratteggio di un personaggio amabile, integro e dolce. Un Sansone che fa una vita da cani, consapevole e attento a controllare la sua invulnerabilità, quel calcagno che fa capolino fra i capelli. “Come mi capitava a tiro uno specchio mi piazzavo lì davanti, di spalle, tiravo fuori il mio e mi guardavo la pelata […] mi piaceva piacere e piacermi”. Pause di vanità, brevi come il risciacquo delle ferite fra una ripresa e l’altra, per poi scattare in piedi ancora con più forza, cogliere nell’altro (un sé riflesso) la paura, l’esitazione e chiudere la sfida prima dell’abbandono ultimo alla fisica naturale del corpo. E alzare il pugno al limite del branco.
“Scegli me amore mio” .
Il Dino imprigionato, privato dalla forza e dalla fama, non è parente della figura tragica dipinta da Annibale Carracci: un colosso di carne cieca, piegato afflitto e senza volontà. No, il nostro Sansone saluta il mondo e chiude nei pugni gli attimi che solo lui conosce, vive d’intimità che allena con la complicità del tempo: “Ognuno di noi ha il cuore della stessa grandezza del proprio pugno”. Il suo è grande, un cento per cento d’amore, che il lettore scoprirà sotto una gragnola di pugni. “Un godimento della madonna”, credetemi.

Miriam Ravasio