martedì 23 novembre 2010

ASSIOTEA di Adriano Petta, recensione di Miriam Ravasio


“ Mamma, io credo che il nostro pensiero sia la parola dell’anima, dello spirito, di quella parte di noi che appartiene solo e soltanto a noi”
Assiotea, ultimo romanzo storico di Adriano Petta è una storia di schiavi, di potere, di pensiero e d’amore. Una ricostruzione appassionata e appassionante dei tempi in cui visse la sua breve vita, la piccola Assiotea, nell’Ellade 350 A.C. Come nel giallo di Agatha Christie, misteriose statuine segnano l’intreccio dei fatti e delle azioni; non di porcellana, ma scolpite secoli e secoli addietro nell’oricalco, una roccia durissima fra il colore del bronzo e dell’oro. Sono segnaposti di una civiltà sommersa, Atlantide e hanno il volto di Assiotea “la dea giusta, degna”, colei che libererà. La profezia anima il cuore degli schiavi, uomini, donne e bambini, esseri che la natura, codificata dal pensiero degli uomini dell’Accademia di Platone e Aristotele, destina all’inferiorità.
“La vita è un insieme di atti” e di quel che ne consegue; la donna è inferiore all’uomo perché uno scarto della Natura e la testimonianza di uno schiavo non è valida se non è ottenuta con la tortura.
Così, nell’anno dell’arconte, nell’undicesimo giorno di ecatombeone, inizia la storia della piccola senza fionda che non sconfisse il suo Golia. Personaggi e fatti sono reali, tranne “La casa del cielo” e la sua ubicazione, proiezione allegorica del pensiero di Leucippo, tutto è realmente esistito, e come precisa l’autore, le fonti sono documentate.
Reali e veri sono Lastenia etera di Speusippo, Eudosso di Cnido, la misteriosa Mappa delle miniere d’oro, Coridemo, Focione, Iperide, Demostene, le triremi religiose Ammono e Paralo, la libreria dell’Agorà e Assiotea che frequentò l’Accademia Platonica vestita da uomo.


“Platone; tu non sei il più grande filosofo ma il più potente”.
Filosofa per necessità e intuizione, più che per conoscenza. Assiotea non è sapiente come Ipazia, la scienziata alessandrina vissuta e uccisa dai parabolani 1000 anni dopo. La sua figura è più incerta, una freccia d’amore contro gli inferni del dominio, ma i suoi mezzi sono poveri. Ragazza già violentata e brutalizzata, venduta come schiava e marchiata secondo gli usi, conosce ciò che è esclusivo a pochi, per aver “piratato” ( oggi diremmo così) fra i testi che diligentemente copiava nel suo lavoro di famiglia, il padre commerciava i preziosi libri copiati dalla moglie. Gli atomi, l’atomo è un’idea, risvegliano in lei le intuizioni sulle origini e da sola s’inizia alla conoscenza e all’amore per l’universo TUTTO. Perché il pensiero non si corrompa e tutti gli esseri siano liberi e degni di una vita vera.
“Se al vostro posto ci fossero stati Antifone, Antistene, Diogene, Aistippo, Leucippo e Democrito…il mondo sarebbe sicuramente diverso”
Emergono, pagina dopo pagina, segreti, intrighi, strategie; filosofi assassinati e assassini e quegli osservatori arguti, che testimoniarono la ripugnanza interpretandola, per discernere la curiosità dallo sbigottimento: così spiega Diogene, soprannominato “lo scopazzo di masturbia”.
Allo storico il lavoro, ai lettori il volto empio di Platone e della sua potenza. E amore, immenso, che ricompensa gli spiriti liberi e sofferti delle donne, care e preziose sorelle di luce: Assiotea, colei che libera.

Miriam Ravasio

Il cosiddetto "Parnaso" di Andrea Mantegna, lettura esoterica


(tempera su tela, 150 x 192 cm 1497)

L’ARTE COLPISCE CON AMORE
Il segreto dell’Armonia è nella Bellezza; Intelligenza, Forza, Tecnica e Astuzia sono ai lati a garanzia della Danza. Curiosa questa costruzione dell’allegoria di Isabella d’Este (Venere) e di Francesco Gonzaga (Marte). Un arco di fango secco sostiene come un trionfo il peso di un talamo e di una coppia; lui è bardato e armato, anche pronto ad andarsene, se lei non cede la freccia d’oro dell’Amore che, con silenziosa indifferenza, sembra voler nascondere dietro il corpo nudo. Nudo è anche Vulcano che sta per essere colpito, da Cupido, nella sua doppia intimità: il fisico e il mito. Sul tetto della caverna, il calore della fucina si materializza in una macchia plastica e argillosa:mani grezze, pollice e dita tese, sfregano un blocco monco. La Festa, soggetto importante del dipinto, distoglie e piedi leggeri colorano di muffa il piano sterrato, una piccola tartaruga scura osserva immobile, la crepa alla base dell’opera.

Miriam Ravasio