mercoledì 19 agosto 2009

TOUCH AND SPLAT, recensione



TOUCH AND SPLAT di Alessandro Cascio

Quando a Parigi furono abbattuti i padiglioni Les Halles, nel cuore della città si creò una voragine cruda e irreale, un’immagine spietata, un vuoto da vedere, che Marco Ferreri tradusse in metafora: Non toccare la donna bianca (1974), un atipico e spassoso western in cui alla fine muoiono quasi tutti. Touch and Splat di Alessandro Cascio sembra quasi un omaggio a quel film, scritto 35 anni dopo, sulle battute dello stesso ritmo ma mixato HI; il vuoto ora si tocca, è un effetto speciale, materia che occupa il tempo e decide le azioni del nostro trastullo: PIRIPERO, dice la bambolina stupita, PIRIPERO, sospira per l’ultima volta l’ammazzato.
Touch and Splat è un gioco, un “vuoto” in scatola con pedine che si muovono sui cartonati pop-up del Golden Paradise: uno studio cinematografico ormai in disuso. Una cisterna di legno segna il confine fra i Rojo e lo sceriffo John Baxster, le stalle poste agli angoli, chiudono lo spazio. La simulazione, libera la rabbia statica in dinamica, BUM tutti sparano; BUM BUM tutti sono bersagli; BUM BUM BUM e chi vince fa SBAM, come una porta che si chiude per sempre.
La scrittura di Cascio è una giocoleria di parole e immagini, parodia di una satira che fa ridere per davvero“Fatti beccare quattro volte e sei fuori. Ti tocca la bandana bianca” non diventi ricco e i pallini ti hanno fatto giallo come Homer Simpson.
“Il risveglio è il momento in cui tutto cambia, in cui vi accorgerete di aver smesso di crescere e di aver cominciato a morire.” A metà libro, quando le pedine hanno già preso il loro posto, appare lui, l’icona facebook senza volto, l’ideatore di EIR (Experiment of Idrofoby and Rage-regression), il dottor Rupert Kensingon, cervellotico, fatuo, criminale. Uno Stranamore da talk show che sovrasta, con la sua psicologia, sgangherata e incauta, l’estinzione del senso. A fare gli indiani, sconfitti, e confinati nelle riserve, stanno i generi, maschile e femminile; universi distanti e diversi, sempre più scorretti, mai uguali. “Nella mente di Jane c’era un meraviglioso passato da benefattrice, in quella di Antonio un mucchio di gente odiosa che non avrebbe neanche saputo descrivere”.
Norton, Vincent, Carlton, Wanda, Sally, Manuela, Tex e Barbi : impossibile giocare a Cow Boy senza spararsi per davvero!
Le immagini rendono credibile il gioco e il libro si legge ad alta velocità, si consuma come un prodotto dei nostri tempi, una lattina Campbells’, una puntata di Happy Days o di mi chiamo Mork e vengo da Ork. Un prodotto da comunione consumistica, più se ne parla più piace: ma i lettori devono stare attenti, rilassati, come ammonisce e raccomanda Alessandro Cascio all’inizio e alla fine del libro “quella rabbia non porterà nulla di buono”. Jane non è più Barbarella ma una Cinderella (man-girl) senza una ragione per lottare.
Non toccare la bambolina bianca. PIRIPERO, PIRIPERO.
Miriam Ravasio

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